A proposito di Accoglienza…

Riportiamo integralmente l’invito del parroco dal titolo “Possiamo riprovarci?” riportato nel foglio settimanale di questa domenica, per una maggiore attenzione.

<<Non è una riflessione, questa; è un rendere partecipi tutti, anche chi non c’era, di una questione rimasta in sospeso nell’ultimo incontro di programmazione dell’anno pastorale.

Si tratta di questo: possiamo vedere se ci sono le condizioni per proseguire l’impegno di accoglienza di una famiglia di rifugiati dopo l’esperienza dell’anno passato?

È vero, l’esperienza trascorsa non è stata esaltante. Però, non potremmo – su premesse totalmente diverse – realizzare in maniera virtuosa quanto era comunque nelle nostre intenzioni quando avevamo intrapreso l’accoglienza precedente? Provo a dire i pro e i contro:

I pro sono più d’uno. In primo luogo, l’obbedienza alla parola di Qualcuno: “Ero forestiero e mi avete accolto” (Mt. 25,35). Inoltre, contrastare l’aria malsana e crescente, fino a diventare irrespirabile, d’intolleranza e di razzismo che ci sta avvolgendo: una comunità cristiana non può adeguarsi a questo, dimenticando le parole di questo Qualcuno! Infine, proprio l’accogliere non come atto di una persona singola, ma di tanti, di una comunità.

Certo, quanto potrebbe essere fatto da noi sarebbe solo una goccia. Tuttavia è un segno! Un segno di coerenza col vangelo e un segno di resistenza ad una logica mondana che chiude occhi e cuore davanti a persone che senza colpa hanno subito una sorte così sfortunata.

Ci sono anche i contro. Uno, consistente, è il peso economico che ci troveremmo ad affrontare per il periodo di un anno. Facendo i “conti della serva” ci vorrebbero almeno 500 € mensili. Non è di sicuro un impegno da poco. Personalmente ritengo non sia impossibile. Pesasse sulle spalle solo di qualcuno, lo sarebbe; distribuito tra tanti che seriamente e in maniera costante lo mantengono, diventa più leggero, praticabile. Tra l’altro, fermo restando che l’impegno principale è della comunità, potrebbero anche concorrervi altre persone esterne coinvolte da noi della comunità: colleghi di lavoro o amici che apprezzano la bontà del progetto, ad esempio.

Anche l’obiezione che sarebbe un eccesso di preoccupazione per chi viene da fuori, togliendo magari ai nostri bisognosi, mi pare fuori luogo. Prima di tutto perchè non si toglie ai nostri bisognosi; in secondo luogo, perchè si tratta di persone molto più povere e indifese. Infatti sono persone giunte legalmente qui attraverso “corridoi umanitari”, la cui presa in carico è affidata alla generosità delle persone e per le quali lo stato non dà i famosi 35 € al giorno!

C’è una differenza fondamentale rispetto alla nostra prima esperienza: la conoscenza molto più approfondita delle persone che andremmo ad accogliere (una mamma con bambino di poco più di un anno). Da chi le ha accolte finora (ma avremo ulteriore presa di contatto per una conoscenza diretta e più approfondita) abbiamo garanzia che rispondono bene all’accoglienza offerta, desiderose di un proprio progetto di autonomia e per questo impegnate in prima persona. Mancando questo, viene a mancare un presupposto fondamentale: non si aiutano i poltroni che aspettano tutto dagli altri!

Da quanto finora detto, si comprende che il parroco non solo ha fatto la proposta ma la caldeggia. Lo fa perchè sicuramente può far crescere la comunità, andando ben oltre il fatto economico, facendoci passare dalle parole ai fatti di vangelo vissuto. Ci siamo dati un tempo: verificare le adesioni esplicite all’iniziativa e valutare la sostenibilità del progetto. Qualora non ci fossero le condizioni, faremmo altro, sempre nel segno dell’accoglienza.>>

 

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