“Rifugiato a casa mia” – aggiornamento

Abbiamo parlato diverse volte della decisione di accogliere in parrocchia una famiglia di rifugiati (vedi i nn.6-7-8 del giornale), aderendo all’invito del papa (“ogni parrocchia accolga dei rifugiati”), scegliendo di mettere in atto l’accoglienza con la formula del progetto della Chiesa italiana “Rifugiato in casa mia”.

In merito, ne avevamo trattato in numerosi incontri, anche con l’équipe della Caritas diocesana che segue il progetto a livello diocesano.

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Molto difficile trovare una famiglia intera (padre, madre, figli); di qui la decisione di procedere ad un’accoglienza differenziata che prevedesse, comunque, l’accoglienza di più persone: un uomo; una mamma con bambino (o bambini).

Siamo alla prima fase attuativa: da venerdi 1 luglio un rifugiato è nella nostra parrocchia.

Si tratta di AROUNE  KOULIBALY, nato nel Mali (nazione che ha avuto sanguinosi conflitti negli ultimi anni) il 12 marzo 1990.

Egli è alloggiato presso la casa parrocchiale. Risolto il problema dell’alloggio, resta in piedi tutto il resto dell’impegno di ciò che vuole dire “accoglienza”; l’intera comunità sarà chiamata ad assumerlo, nella misura delle capacità e disponibilità: vestiario, igiene, salute, accompagnamento inclusivo, scuola di lingua, …

Resta valido l’impegno di un datore di lavoro per un’assunzione a tempo determinato.

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